mercoledì 25 maggio 2011

"La prima fanzine non si scorda mai!" incontro sabato 4 giugno

Incontro con Mario Sumiraschi:
"La prima fanzine non si scorda mai!"

Un percorso che parte dalle fanzine e arriva alle webzine, per quella che è stata la generazione dei pionieri sostituita da quella degli internauti. Cerchiamo insieme comunanze e differenze.
Delos Day, Milano
ore 14.00 sabato 4 giugno
Casa dei giochi, via Sant'Uguzzone 8; MM1 fermata Villa San Giovanni.

lunedì 4 ottobre 2010

Lisbeth Salander by Anna Pozzato


 Rooney Mara interpreta Lisbeth Salander

Nel secondo volume della trilogia Millennium  ‘ La ragazza che giocava col fuoco’ si delinea nella sua completezza  un personaggio, quello di Lisbeth Salander, semplicemente meraviglioso. Introversa ed asociale, riesce però a sopravvivere a tutti i soprusi che è costretta a subire; riesce anche a reagire seguendo una sua morale personalissima al cui  centro c’è l’odio per gli uomini che odiano le donne. Quando lei e la sorella gemella Camilla hanno 12 anni,  Zalachenko, il padre, fa enormi violenze ad Agneta, la giovane moglie; le procurerà la prima di una serie di emorragie cerebrali che poi la condurranno alla morte. Mentre Camilla è preoccupata che non si sappia nulla in giro, Lisbeth reagisce, quando il padre apre il finestrino della macchina per parlarle lei  butta all’interno dell’abitacolo una busta da latte piena di benzina e accende un fiammifero. E’ il gesto di estremo amore per la madre, quello che le segnerà la vita per sempre, perché verrà internata nella casa di cura di St. Stephan, ad Uppsala.
Le forze dell’ordine, invece di occuparsi della madre, si occupano di Zalachenko, ex agente segreto che, come tale, deve essere completamente coperto in ogni nefandezza privata. Così lei, vittima dell’assurdo, diventa colpevole ma, con caparbia genialità e l’aiuto di Michael Blomkvist, arriva a fare giustizia. A 18 anni viene dichiarata incapace di badare a se stessa ed è affidata a un tutore eppure ha incarichi di ricerca su aziende e persone alla Milton Security : è hacker geniale, esperta di pirateria informatica.  Ha dovuto costruirsi un mondo di difese, opponendo all’abuso reiterato dei suoi sentimenti e della sua purezza la sua grande preparazione tecnica e scientifica, la sua enorme forza morale; se molto ha dovuto subire molto farà subire ma, ed è la grandezza del personaggio ed il motivo per cui diventa esemplare, pur essendo decisamente violenta si sa che lo è perché è l’unico, difficilissimo modo di riportare ordine in un sistema impazzito.

Anna Pozzato 

La mia vita dentro. Memorie di un direttore di carcere: Luigi Morsello. by Miriam Ballerini



La mia vita dentro è un testo interessante perché scritto da una persona che ha fatto trentasei anni in carcere, dal 1969 al 2005. Stando dentro da incolpevole, da direttore, eppure recluso.
Luigi Morsello, ispettore generale dell’amministrazione penitenziaria, è stato direttore di 7 case di reclusione, 1 istituto minorile e, come funzionario dirigente, in altre 22 carceri italiane.
È un libro ricco di particolari, visti da chi li ha osservati vivendo in mezzo ai detenuti, alle guardie carcerarie; da chi ha avuto a che fare con politici e ordini dei vari superiori, non sempre accettabili.
Ciò che colpisce di quest’uomo e del suo percorso lavorativo è la sua umanità e semplicità. Anche quando parla dei detenuti, anche di carcerati “eccellenti” quali Gianni Guido o dei mafiosi, o brigatisti; non accenna mai, nemmeno in minima parte a un qualsivoglia giudizio.
È scritto in maniera semplice, a volte saltando da un periodo temporale all’altro, dando proprio l’impressione che insegua i suoi ricordi e rendendolo così, ancora più sincero.
Ho apprezzato molto questo libro, essenzialmente perché anche io, per scrivere un mio romanzo, sono entrata in un carcere e ritengo che le persone, fuori, abbiano bisogno di essere messe al corrente dell’umanità che sta dentro, rinchiusa, ma che appartiene pur sempre a delle persone.
Dice Morsello: “Ciò che le persone erano nella vita libera non ha alcuna rilevanza sul come devono essere detenuti dopo l’arresto: è questa coscienza che sembra essere stata smarrita. Un detenuto, imputato, condannato o internato, è prima di tutto un uomo”.
Non posso che sottoscrivere appieno quanto detto da Morsello, forse, questa, è la “lezione” più difficile da far comprendere a chi pensa che il peccato appartenga solo agli altri.

Nel libro troviamo, oltre ai suoi ricordi prettamente carcerari, altri episodi molto personali, quali la depressione e un tentativo di suicidio, che non fanno altro che farci avvicinare ancora di più all’uomo, il quale ci appare persona comune e vicina.

“ C’è chi conta le pecore per addormentarsi. Un direttore di carcere vede sfilare nei suoi ricordi facce, storie, divise, sbarre, manette, agenti e detenuti. Soprattutto detenuti. Come fosse una galleria di ritratti. Una mostra del passato”.

Consiglio vivamente di ripercorrere insieme a questo direttore esemplare la sua personale galleria di ricordi.

Miriam Ballerini

La mia vita dentro. Memorie di un direttore di carcere.
Luigi Morsello
Infinito edizioni, 2010
Pagine 203
Euro 14,00


 Luigi Morsello

Uno strano sbirro di nome Luigi Longo by Daniele Barbieri




Ci sono due frasi memorabili in «Lavoro ai fianchi». La prima è a metà libro. Un sovversivo (o un pazzoide, dipende dai punti di vista) arringa così il poliziotto, protagonista del libro: «Veda, lei non ha capito assolutamente un cazzo». Parolaccia a parte (che oggi forse non impressiona più neanche la vecchia zia del paesino) è interessante quella crudezza preceduta dal «Veda». Ma soprattutto siamo a metà libro: l’indagine partita da Roma è arrivata in Sardegna e il commissario Luigi Longo si rende conto che sì, non ne ha azzeccata una. Deve ricominciare da capo.
La seconda frase-chiave è quasi alla fine: «sono cose che si sanno o si sospettano», verità dure a ma che per molti motivi (la ragion di Stato, la paura, una condivisione o forse il frullato di tanti stati d’animo) non vengono dette ad alta voce.
Bene ha fatto Il maestrale a ripescare dall’oblio, dopo 30 anni esatti, questo strano giallo – crudele eppur dolcissimo, beffardo e intelligente – di Marco Lombardo Radice e Luigi Manconi. Insoliti anche gli autori perché il sassarese Manconi nelle sue 100 attività ha scritto molto ma questo resta il suo solo romanzo, mentre il romano Marco Lombardo Radice (morto nel 1989 a soli 40 anni) resta nella memoria per un romanzo che tanti qualificano porno – eppure non lo è – piuttosto che per i suoi scritti importanti di neuropsichiatria e la sua pratica medica che ha ispirato anche un bel film di Francesca Archibugi, «Il grande cocomero».
La nuova edizione di «Lavoro ai fianchi» (256 pagine, 17 euri) si avvale della prefazione di Goffredo Fofi e di tre pagine che Manconi indirizza soprattutto a contestualizzare quel romanzo. Ma entrambi toccano solo di sfuggita un punto centrale: se cioè il libro (uscito quando ancora le Brigate Rosse non erano argomento per tesi di laurea ma bruciante, sanguinosa attualità) riesca anche a dirci qualcosa di più su quegli anni, utilizzando gli stilemi e le metafore del noir, per di più mettendo al centro “uno sbirro”. Che i due autori fossero allora nell’area della sinistra estrema (quella che si riconosceva nello slogan «Né con lo Stato né con le Brigate Rosse») rende particolarmente interessante che il protagonista sia un commissario di polizia. Lo sbirro è guardato con ironia: si chiama Luigi Longo come un importante dirigente del Pci di quegli anni. Sin dalle prime righe è delineato con uno strano miscuglio di affetto e comprensione (anche per le sue umane debolezze) ma anche con orrore; non a torto Fofi nella prefazione ricorda il film «Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto» con un memorabile Gianmaria Volontè nella parte del capo della Squadra omicidi di Roma. Ma qui non abbiamo uno psicopatico come nel film citato piuttosto un tipico servitore dello Stato, per caso più che per vocazione; luisi giudica un brav’uomo (e per molti versi lo è) ma rimuove tutto quello che lo inquieta. E’ rimasto prematuramente vedovo e ora non sa bene come entrare in relazione con il giovane figlio. Né un superuomo né un anti-eroe alla Philip Marlowe, semplicemente umano con paure (una sessualità piena di sensi di colpa), passioni (il poeta Ernesto Ragazzoni), radici sarde in parte rinnegate, scoppi di violenza magari subito dopo un’improvvisa tenerezza .
Il libro parte come la sbobinatura di registrazioni (un espediente forse artificioso che per fortuna viene poi sommerso dalla storia) e si conclude con gli omissis (o semplicemente il cattivo audio) di un ultimo nastro dove ovviamente c'è il colpo di scena. Tutta la complessa indagine di Longo alla ricerca di un ragazzo scomparso si intreccia per caso con «la geometrica potenza di fuoco» (così all'epoca venne definita) delle Brigate Rosse: infatti la vicenda inizia il 10 marzo 1978 dunque 6 giorni prima del rapimento di Aldo Moro. L'ora patetico e ora efficiente Luigi Longo più volte intreccerà senza saperlo i brigatisti: anzi entrerà, senza capirlo, nel famoso covo di via Gradoli. La finzione di Lombardo Radice e Manconi più volte interseca i misteri del caso Moro ma anche le ambiguità con cui settori dello Stato affrontarono il terrorismo. E nelle ultime pagine le inquietudini di Longo sono molto vicine a quelle di tante persone comuni, all'insegna del già citato «sono cose che si sanno o si sospettano».
Trattandosi di un giallo sarebbe scorretto riassumere la trama ma buttiamo lì qualche frase a mo’ di titoletti: la paura del ridicolo fa tornare il coraggio perduto; il funerale rivelatore; la brutta storia dei servi pastori torturati; lo scherno del rubinetto rotto; la poesia scomparsa e l’anagramma. Finale tragico con un delitto senza motivo.
Gran bel libro davvero, per nulla invecchiato. Insolito sia nei contenuti che nello stile lievemente ironico con la ricerca di indizi mescolata all’indagine del sé. Caratterizzato da forte politicità. Se il noir francese è abituato a raccontare con efficacia gli intrecci fra i poteri e la criminalità, diritti e delitti insomma, i giallisti italiani sono stati prima troppo esitanti per poi travestirsi daapocalittici (restando casinari e banali) senza risultare interessanti. Come se la storia recente e antica d’Italia, piena di misteri irrisolti, non aprisse spazi – voragini addirittura – da riempire, spiegare, reinterpretare con una immaginazione “mal-pensante”. Poche le eccezioni. Riletto con l’occhio di oggi «Lavoro ai fianchi» indica strade interessanti illuminate da una scrittura quasi sempre all’altezza delle ambizioni. Insomma anche se Manconi si schernisce (lo scrivemmo fretta e perché eravamo senza una lira in tasca) è un peccato che non ci siano stati seguiti o magari imitatori intelligenti.

( Questa mia recensione è uscita il 7 aprile 2010 sul quotidiamo «l’Unione sarda» )
Daniele Barbieri

Lavoro ai fianchi. Alcuni giorni nella vita del commissario Luigi Longo.
Autori: Marco Lombardo Radice e Luigi Manconi
Editrice: Il Maestrale,2010
Pagine 224, br.
Euro: 17,00





COX 18, ARCHIVIO PRIMO MORONI,CALUSCA CITY LIGHT by Mario Sumiraschi



Vi ricordate le più di diecimila adesioni all’appello per salvare dalla chiusura il Cox 18?  La polizia che voleva sequestrare l’archivio Primo Moroni per poi con molta probabilità buttarlo al macero?
Il Conchetta ha avuto ben tre sgomberi: 2 nel 1989 e poi quello di cui facciamo riferimento che è del 22 gennaio 2009.
Uno scandaloso atto di violenza verso uno dei luoghi storici della cultura alternativa nel nostro Paese.
Cox 18 è sinonimo di ricerca intellettuale e di socialità e contiene l’eccezionale raccolta di libri e riviste ( quasi tutte introvabili ) che hanno segnato la storia degli anni Sessanta e Settanta soprattutto in Milano. A partire dalla Calusca di Porta Ticinese in cui un gentilissimo e preparatissimo Primo Moroni accoglieva i suoi clienti-visitatori-compagni ed a cui ha sempre dato 
attenzione e importanza.

 Primo Moroni

Attraverso la narrazione proprio di questo insostituibile libraio-intellettuale possiamo conoscere la storia del Cox 18, la sua occupazione, le lotte di quartiere, la socialità e persino i problemi nati dalla autogestione del centro sociale. Primo trasportò la sua famosa libreria dal Ticinese in via Conchetta.
E’ un libro che per chi ha vissuto l’esperienza della cultura antagonista milanese che porterà alla mente immagini parole emozioni, ma è anche l’occasione, per chi volesse buttarsi per la prima volta nella lettura di un pezzo della storia alternativa, per cercare di comprendere un fenomeno ( fatto di persone ) che è in via di dissoluzione, o che comunque vede intorno a sé spegnersi le luci che illuminano  le esperienze di autogestione. Negli anni Novanta si contavano ancora una trentina di centri sociali, ora sono meno della metà.

LA CASA E’ DI CHI LA ABITA!

( foto tratte dal libro )

Mario Sumiraschi
Cox 18
Archivio Primo Moroni
Calusca City Lights
Storia di un’autogestione
Edizioni Colibrì,2010
Pagine: 86
Euro: 9,00



 Primo Moroni con Lawrence Ferlinghetti

Altai by Elisabetta Bianchi




Seguito ideale di Q, Altai si svolge a ridosso della battaglia di Lepanto, un attimo prima che la Serenissima e l’impero ottomano si fronteggino per spartirsi i commerci d’Europa.
La storia prende il via da un’esplosione all’Arsenale di Venezia, segue l’ipotetico colpevole nella sua fuga e si dipana parallela ai progetti di Giuseppe Nasi, ricchissimo ebreo sefardita fuggito dalla Spagna e inserito alla corte del Sultano.
L’idea di fondo rimane quella di Q: è possibile per una volta invertire il corso della storia, evitando gli inutili massacri di innocenti che la costellano? E’ possibile infilarsi tra le grinfie dei potenti ed uscirne indenni? E’ possibile che per una volta i deboli l’abbiano vinta? Ai lettori l’ardua sentenza!
Elisabetta Bianchi
 
Altai
Wu ming
Einaudi, 2009
Pagine 424
Euro 19,50

Petrolio by Elisabetta Bianchi



Di nome e di fatto. Come il liquido omonimo, vischioso, denso, a tratti tossico, ma nelle sue pieghe, come il suo omonimo, è possibile interpretare parte delle trame della storia contemporanea.
Petrolio è incompiuto, ma non è solo l’incompiutezza a renderne  ardua la lettura: Pasolini stesso aveva in testa un progetto di romanzo complesso, articolato, con un linguaggio quasi da saggio, e non è dato sapere come sarebbe stato Petrolio una volta terminato.
Il romanzo che abbiamo fra le mani, pubblicato postumo nel 1992,  è fatto di frammenti, appunti, storie interrotte o appena accennate,  visioni, allegorie, cambiamenti di sesso, sdoppiamenti, viaggi in Oriente, scenari post-atomici, citazioni da I Demoni di Dostoevskij, in cui il lettore sente di affondare lentamente, senza apparente possibilità di riemergere. Perché leggerlo allora, perché infliggersi quest’ordalia? Perché Petrolio regala degli straordinari momenti di riflessione sull’evoluzione della società italiana degli anni ’60-70, perché alcune descrizioni sono dei colpi al cuore, e perché Pasolini con questo romanzo voleva provare a seguire i percorsi e gli intrecci fra il potere e il petrolio, addentrandosi nelle stragi e negli intrighi di quegli anni.
A Pasolini è mancato il tempo di portare a termine il suo progetto: a noi non manchi il tempo per leggere quanto da lui intrapreso.
Elisabetta Bianchi

Petrolio
PP. Pasolini
Mondadori, collana Oscar  scrittori moderni, 2005
Pagine 654
euro 17,00